Cos'è un Quasar?
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L'equipe guidata dall'astronomo americano Allan Sandage ne scoprì l'esistenza negli anni '60 attraverso l'utilizzo di radiotelescopi. Nel corso del decennio si arrivò a fotografarli; successivamente, in sintonia con la Legge di Hubble e osservando lo spostamento verso il rosso delle radiazioni elettromagnetiche da loro emesse (detto anche “batocromo” o “redshift” in lingua inglese), ci si rese conto della loro incredibile distanza dalla Terra.
Ma cosa sono esattamente i quasar? Anzitutto, essendosi rivelati delle forti sorgenti radio, il loro nome deriva dalla contrazione della locuzione “radiosorgente quasi stellare” (dall'inglese “quasi-stellar radio source). Intorno anni '90, ottenute le immagini provenienti dal telescopio Hubble, vennero elaborati dei modelli unificati secondo cui questi lontani e luminosissimi oggetti astronomici possono essere considerati una classe di galassie attive, in cui cioè gran parte dell'energia luminosa non proviene dalla materia tradizionale, ma dalla presenza di stelle, polveri e del mezzo interstellare (gas). Un quasar è quindi un ammasso galattico attivo, tendenzialmente posto a grandi distanze da noi e intensamente luminoso.
Secondo il modello unificato la sua lucentezza deriva dalla formazione di un “disco di accrescimento”, prodotto dalla caduta di gas e polveri all'interno di un buco nero supermassivo (la più grande tipologia di buco nero esistente). Questo fenomeno provoca la trasformazione di quasi metà della massa di un corpo astronomico in energia, un processo che sfida ancora gli astronomi alla sua comprensione, e che si interrompe non appena le riserve di materiale interstellare si esauriscono. Ciò darebbe manforte alla teoria dell'olandese Maarten Schmidt, che nel 1967 ipotizzò che l'avvistamento dei quasar dovesse essere molto più frequente nell'Universo primitivo. Implicitamente il modello ipotizza anche che molte galassie, tra cui casa Via Lattea, abbiano attraversato una fase di galassia attiva prima della quiescenza e che possano anche tornare ad esserlo nel caso in cui del materiale interstellare venga in qualche modo attratto verso il loro nucleo.
Nonostante sia posto a tre miliardi di anni luce dalla Terra, con una magnitudine di 13, il quasar identificato con il nome di 3C 273 è il più vicino a noi ed anche il più luminoso. Basti pensare che, se fosse distante solo una trentina di anni luce da noi, la sua energia luminosa irraggerebbe la Terra non meno del nostro fidato Sole.
Un'informazione interessante quanto potenzialmente sconvolgente, è che all'interno dei quasar è stata rinvenuta l'insolita presenza di elementi dal peso superiore a quello dell'elio; fenomeno spiegato dalla teoria secondo cui le galassie, formandosi, avrebbero causato la produzione delle cosiddette stelle di “popolazione III” (corpi che in fase di evoluzione avrebbero disperso nel gas interstellare i metalli prodotti al termine della trasformazione). Non è ancora stato appurato se la luce osservata nel 2005 grazie al telescopio Spitzer provenga da tali stelle, se così non fosse, e se la presenza dell'elio non si riuscisse a spiegare in maniera alternativa, andrebbero non solo riconsiderate le ipotesi che riguardano i quasar, ma tutto il sistema Universo.
Ma cosa sono esattamente i quasar? Anzitutto, essendosi rivelati delle forti sorgenti radio, il loro nome deriva dalla contrazione della locuzione “radiosorgente quasi stellare” (dall'inglese “quasi-stellar radio source). Intorno anni '90, ottenute le immagini provenienti dal telescopio Hubble, vennero elaborati dei modelli unificati secondo cui questi lontani e luminosissimi oggetti astronomici possono essere considerati una classe di galassie attive, in cui cioè gran parte dell'energia luminosa non proviene dalla materia tradizionale, ma dalla presenza di stelle, polveri e del mezzo interstellare (gas). Un quasar è quindi un ammasso galattico attivo, tendenzialmente posto a grandi distanze da noi e intensamente luminoso.
Secondo il modello unificato la sua lucentezza deriva dalla formazione di un “disco di accrescimento”, prodotto dalla caduta di gas e polveri all'interno di un buco nero supermassivo (la più grande tipologia di buco nero esistente). Questo fenomeno provoca la trasformazione di quasi metà della massa di un corpo astronomico in energia, un processo che sfida ancora gli astronomi alla sua comprensione, e che si interrompe non appena le riserve di materiale interstellare si esauriscono. Ciò darebbe manforte alla teoria dell'olandese Maarten Schmidt, che nel 1967 ipotizzò che l'avvistamento dei quasar dovesse essere molto più frequente nell'Universo primitivo. Implicitamente il modello ipotizza anche che molte galassie, tra cui casa Via Lattea, abbiano attraversato una fase di galassia attiva prima della quiescenza e che possano anche tornare ad esserlo nel caso in cui del materiale interstellare venga in qualche modo attratto verso il loro nucleo.
Quasar 3C 273 ripreso dal Telescopio Spaziale Hubble
Un'informazione interessante quanto potenzialmente sconvolgente, è che all'interno dei quasar è stata rinvenuta l'insolita presenza di elementi dal peso superiore a quello dell'elio; fenomeno spiegato dalla teoria secondo cui le galassie, formandosi, avrebbero causato la produzione delle cosiddette stelle di “popolazione III” (corpi che in fase di evoluzione avrebbero disperso nel gas interstellare i metalli prodotti al termine della trasformazione). Non è ancora stato appurato se la luce osservata nel 2005 grazie al telescopio Spitzer provenga da tali stelle, se così non fosse, e se la presenza dell'elio non si riuscisse a spiegare in maniera alternativa, andrebbero non solo riconsiderate le ipotesi che riguardano i quasar, ma tutto il sistema Universo.
Tag: Quasar Galassie
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Licenza foto #1 Immagine di un quasar realizzata dalla ...: Pubblico dominio
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Licenza foto #3 Rappresentazione artistica del quasar ...: Jmencisom - CC BY 4.0 foto modificata
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