Quali rischi ci sono nel lavare il pollo prima della cottura?
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Lavare il pollo sotto l’acqua è controproducente, scopriamo i motivi

Lavare il pollo sotto l’acqua è controproducente, scopriamo i motivi

L’istinto suggerisce di lavare il pollo prima di cucinarlo, magari perché l’hai sempre visto fare. Tua madre, tua nonna, o chissà chi altro – lo prendevano, lo passavano sotto l’acqua corrente, con un gesto quasi automatico. Un po’ come si fa con la frutta. Il pollo però non è una mela. Non è nemmeno un’insalata da scrollare sotto il getto. Eppure l’idea resta: che quel lavaggio serva a qualcosa. Che tolga via i batteri, o almeno l’odore.

I batteri non se ne vanno con l’acqua
Quel gesto, tanto tranquillo, tuttavia spalanca una porta invisibile ai microbi. Non quelli buoni, ovviamente. Parliamo di nomi che fanno venire un mezzo brivido anche solo a leggerli: Salmonella, Campylobacter, cose così. Si attaccano alla carne durante il ciclo di lavorazione, e sono capaci di provocare infezioni mica leggere. Nausea, vomito, febbre, dolori.

Ora, magari pensi: “Se ci sono, meglio sciacquare via tutto prima, no?”. E invece no. Perché i batteri sul pollo non se ne vanno con l’acqua. Anzi, si moltiplicano. O meglio, si spargono. Immagina una gocciolina invisibile che rimbalza dal pollo al lavandino, poi magari sul tagliere dove stavi affettando il cetriolo. Ti distrai un attimo, e il disastro è servito.

Un gesto che non fa pulizia ma danni
Il punto è che lavare il pollo sotto l’acqua è controproducente. E anche un po’ traditore, perché dà l’illusione di fare la cosa giusta. Invece è un piccolo cortocircuito culturale, un’abitudine che si porta dietro un’idea sbagliata di pulizia. È come pensare che l’aceto funzioni come un disinfettante. Spoiler: non funziona. Può insaporire, può aiutare la marinatura – ma non uccide tutto ciò che non vedi. Il pollo resta contaminato.

Poi ci sono quelli che fanno un passo in più. E tentano con soluzioni più aggressive. Candeggina (sì, esiste anche questo), oppure altri “rimedi” casalinghi che sembrano usciti da un esperimento. Ecco, lì si entra in un territorio complicato, dove il rischio non è solo alimentare ma anche chimico.

Il congelatore non aiuta a “sanificare”
E non è finita qui. Alcuni, nella loro personale battaglia contro il microbo, lavano il pollo prima di congelarlo. Un gesto che sembra logico, specie se si vuole tenere la carne nel freezer per settimane. Ma anche qui, niente da fare. È inutile, e pure dannoso. Perché aumenta l’umidità sulla superficie della carne, e quell’umidità può cristallizzarsi male. Risultato? Una carne più rovinata, e il rischio che i batteri si siano solo trasferiti da una parte all’altra.

Il calore è l’unica difesa
C’è un solo momento in cui il pollo diventa sicuro: quando lo cuoci. La temperatura interna, quando supera i 75 gradi, uccide tutto quello che c’è da uccidere. E sì, anche se all’apparenza è ancora rosa, basta controllare bene i tempi e i gradi. Alcuni usano il termometro da cucina. Altri si affidano alla pratica, al taglio di controllo. O all’occhio, che se lo alleni un po’ fa il suo dovere.

Industriale o ruspante, cambia poco
Qualcuno dice poi che il pollo “industriale” sia più a rischio, altri giurano che quello dal macellaio sia più pulito. Non è proprio così. Entrambi possono contenere batteri, perché il problema è a monte, nella filiera e nella lavorazione. Non nel supermercato o nella macelleria. Un pollo ruspante, per quanto suoni rassicurante, non è immune dai problemi. Ha solo un’altra storia alle spalle.

Occhio a dove lo appoggi
Un dettaglio che sembra secondario, ma che conta: anche i coltelli, i piatti dove appoggi il pollo crudo, le mani che lo maneggiano. Tutto va lavato bene, e subito. Perché basta un errore – uno solo – e il batterio trova casa. Una croce di legno può diventare più pericolosa di una spugna dimenticata. Soprattutto se ci metti sopra qualcosa da mangiare senza cottura, tipo l’insalata, la frutta o anche solo il pane. Succede, eh. Senza volerlo.

Rispetto, non paranoia
Non è una questione di ansia, né di fobie alimentari. È solo sapere come si comportano i batteri, e come evitarli. E stavolta la risposta è semplice. Non lavare il pollo. Né con l’acqua, né con aceto, né con altro. Cuocilo subito.
Poi, se proprio l’idea ti mette a disagio – e succede, perché il pensiero resta appiccicato – allora lavati le mani più volte, cambia tagliere, e cucina tutto separatamente. Il pollo non è un mostro, è solo una carne più delicata. Trattarlo con rispetto, più che con paranoia, è quello che serve.

Domande ricorrenti e consigli

È vero che il limone elimina i batteri dal pollo crudo?
No, non basta. Il limone può coprire l’odore o aiutare con la marinatura, sì, ma i batteri restano lì. Sulle mani, sul piano, magari anche sul grembiule.

Il pollo sotto vuoto è più sicuro di quello sfuso?
Il sottovuoto rallenta la proliferazione dei batteri, ma se lo apri male o lo tocchi con mani non pulite cambia poco. L’inganno è nel pensare che la plastica faccia il lavoro. È il dopo che conta, tutto quello che succede in cucina.

Cosa succede se si mangia pollo poco cotto ma non crudo?

A volte niente, altre volte si sta male per giorni. Dipende da quanti batteri erano vivi lì dentro. Il colore può ingannare, anche l’odore. Se resta morbido al centro ma non ha raggiunto i 75 gradi, si rischia comunque.

Perché nei video online molti chef lavano il pollo?
Spesso è una questione di estetica o abitudine. C’è chi lo fa per scena, chi per cultura, chi proprio non ci pensa. Ma il fatto che lo facciano non vuol dire che sia una buona idea.

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Tag: Pollo  Cucina  


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